Dalla collaborazione tra Sergio Durante, Veronika Statauskiene e Max Veronese nasce il collettivo con vocazione internazionale dedicato al mondo dell’arte.
Favorire e incentivare l’espressione artistica libera e incondizionata, mettendo a disposizione luoghi di incontro e confronto ma anche spazi dedicati alla creatività a trecentosessanta gradi: WhiteBlood Foundation nasce con questo ambizioso obiettivo, proponendosi come punto di riferimento per tutti coloro che desiderano esprimere sé stessi attraverso l’arte pittorica, la scultura, e altre forme d’arte, accomunate dalla intima fusione di arte e tecnologie avanzate nel profondo rispetto dell’ambiente, come avviene nelle opere realizzate in fibre di carbonio riciclato provenienti da aerei militari o civili o vetture da corsa.
Nata in Italia, WhiteBlood Foundation vanta uno spirito prettamente internazionale grazie alla fusione delle esperienze dei fondatori, Sergio Durante, Veronika Statauskiene e Max Veronese, tre professionisti distanti culturalmente e geograficamente ma accomunati da una forte passione per l’arte.
WhiteBlood Foundation: chi sono i fondatori
A caratterizzare i fondatori di WhiteBlood Foundation è il differente bagaglio di esperienze, così come gli ambiti di competenza e i percorsi di studi che hanno dato vita a sensibilità artistiche e culturali variegate.
Italiano ma da decenni residente all’estero, prima in Francia e Inghilterra e oggi in Spagna, Sergio Durante è pilota di professione e ingegnere meccanico, vantando un notevole esperienza nell’ambito dei materiali avanzati del settore aerospaziale.
Veronika Statauskiene, laureata in marketing, è di nazionalità russa e proviene da una famiglia di artisti e musicisti. È esperta di arte, ma anche di arti occulte e misticismo.
Max Veronese, avvocato internazionale esperto in diritto commerciale e tributario, è nato in Italia e la grande passione per l’arte contemporanea lo accompagna da sempre.
L’eterogeneità del collettivo, formato da tre diverse figure professionali, ricorda l’esperimento messo in atto da Billy Kluever e Rauschenberg con il lancio del progetto “Esperimenti in Arte e Tecnologia (E.A.T.)”, organizzazione non-profit basata proprio sula collaborazione fra artisti e ingegneri.
L’arte secondo il collettivo di WhiteBlood Foundation
“Non esiste l’arte in sé, ma l’arte in quanto sistema condiviso di riferimenti culturali ed etici contingenti.”
Partendo da questo presupposto, WhiteBlood Foundation si occupa di dare spazio alle opere e alle iniziative che sono frutto di riflessioni continue maturate nei singoli ambiti di competenza.
Creando solo su commissione per valorizzare il ruolo dell’osservatore e dello stesso committente,lo spazio espositivo diventa una risorsa fondamentale per dare forma alle creazioni artistiche, alle ispirazioni e agli intenti più profondi, tuttavia i manufatti esposti non sono cedibili e non si basano sulla produzione in scala.
L’approccio del collettivo di WhiteBlood Foundation si origina da una concezione dell’opera d’arte vista come “algoritmo creativo” in cui le nozioni di spazio e tempo non hanno più senso di esistere, trasformandosi in una realtà multidimensionale caratterizzata da fragilità e dalla tendenza a spezzarsi, a rompersi anche in virtù della visione soggettiva di chi guarda. In tal senso, le opere in carbonio riciclato presentano inoltre una caratteristica esclusiva legata alla ‘storia’ del materiale, spesso densa di potenti emozioni, come emerge vibrante nel caso delle fibre derivate da aerei da combattimento o dalle vetture da competizione.
Se da un lato l’eterogeneità dei fondatori riflette la complessità del mondo dell’arte, dall’altro lato le opere devono conquistare la massima semplicità, sebbene sia un obiettivo difficile da raggiungere. L’intento artistico del gruppo è proprio quello di inseguire la realtà, come insegnava il grande Bardo:
“There are more things in heaven and earth, Horatio, Than are dreamt of in your philosophy (Ci sono più cose in cielo e in terra, Orazio, /di quante tu ne possa sognare nella tua filosofia).
Lungi dall’essere considerata come mero oggetto di intrattenimento e di scambio commerciale, infine, l’opera artistica deve essere percepita come viva ma non eterna, restando immutabile attraverso codici e riti che annientano la sua stessa essenza e passando indenne attraverso le molteplici reiterazioni e le infinite rappresentazioni anche digitali.